mi scusi mi fa una spuma e un panino da 1500 lire ??

01.02.2019

ognuno di noi aveva la sua super signora che dentro al suo "gabbiotto" ti aspettava a fine allenamento .... la MariaGrazia ... ea Ciana ..... sempre con un contorno di personaggi MITICI .... come dimenticare il Zampa o Vianello ..... in un periodo storico dove avere qualche lira in tasca era comunque una vittoria .. come nel dopoguerra potevi anche decidere i mml in base alle monetine .... una spuma da 500 lire da 1000 lire .... e se eri in quel periodo ricco abbinarci anche un panino ... spesso il pane era leggermente vecchio ma 5 minuti di piastra con la soppressa o il prosciutto magari di Spalla ... lo trasformavano nel miglior Mc Donald's del mondo ..... 

LASCIO LA PENNA al mio amico e  Capitano Pink perchè ogni spuma o panino aveva un gusto diverso e tutt'ora muove nel nostro subconscio sensazioni reazioni pensieri ... e qualche malinconia in maniera diversa.....

Rosetta al prosciutto

Ci sono ricordi che la memoria di ognuno di noi cristallizza nella sua mente che quando riappaiono, sembrano avere ancora odore, vita, muoversi, dare emozione.

Chi oggi ha un'età che si aggira attorno ai 50 anni (anno più anno meno) ed ha avuto la grande fortuna di nascere in una città unica al mondo, che dall'alto sembra un pesce senza testa, dove la vita è diversa da qualunque altro luogo al mondo, può vantare la fortuna di custodire ricordi senza tempo, immagini diventate simboli.

Nascere, crescere e vivere a Venezia è qualcosa di unico, irripetibile, senza paragoni. E lo sono anche le azioni, i gesti, le abitudini, i rituali che ripetuti giorno dopo giorno, anno dopo anno, diventano quotidianità per poi trasformarsi in tradizione, in peculiarità.

Nel cuore di uno dei Sestieri di Venezia, quello di Cannaregio, il più popoloso e popolare assieme a Castello, ancora oggi si trova un rettangolo verde ricavato da quelli che erano gli orti di un convento di suore. Negli anni '70 quella terra che dava frutto, fu trasformata in campo di calcio per concedere ai ragazzini che abitavano in quella zona la possibilità di giocare a pallone, di stare assieme, di divertirsi in un posto che non fosse la strada.

Gianni D'Este e Dante Longo ne tolsero tanti dalla strada, molti anche dalle amicizie poco opportune. Altri li attirarono con un sogno: quello di diventare calciatori. Dieci, venti, cinquanta, cento: borse, maglie, palloni, reti si moltiplicarono in poco tempo, grazie all'aiuto dei commercianti della zona, dei genitori, di chi vedeva in quel piccolo miracolo di Sant'Alvise una seconda scuola dove far crescere i propri figli secondo quella che è l'educazione dello sport, dello stare assieme, del rispetto dell'avversario e delle regole.

Il campo dell'Alvisiana, affacciato sulla Laguna, con le finestre di un ospedale che la domenica (ma non solo) diventava come la curva sud dello stadio, presto diventò il centro del mondo per decine di ragazzini. Molti di loro, anzi, moltissimi, abili con il pallone tra i piedi. Figli di un calcio nato nei campielli, nei patronati, in calle sotto casa. Dove l'astuzia, la velocità, l'abilità e il tocco di palla te lo crei anche se non vuoi. In campo non c'era distinzione tra classe sociale, provenienza, famiglia: si era un'altra famiglia, quella del calcio, dove il pallone univa tutto e tutti.

Tra le mille fotografie e immagini che ancora oggi sono ben impresse nella mente e nella memoria di quei ragazzini nati negli anni '70 ce n'è una che ricordo con piacere, con affetto, con nostalgia. E' il panino al prosciutto che assieme al bicchiere di aranciata, era la benzina da inserire dentro il motore dopo le fatiche del campo. Aveva un odore che ancora oggi mi sembra di respirare. Avvolto dentro dei tovagliolini bianchi ("le salviette"), c'era chi lo addentava furiosamente e lo finiva in quattro bocconi. Chi se lo gestiva con più lentezza e gusto. Chi, quasi con vergogna, lo metteva in borsa e lo portava a casa.

Il tipo di pane che veniva usato era la "rosetta": morbida, con tanta mollica, che bene si sposava con il prosciutto (cotto per lo più) e non lasciava cadere tante briciole: quelle che finivano sul campo nel tragitto vero l'uscita e diventavano poco dopo cibo per gabbiani e colombi affamati.

La rosetta al prosciutto è solo uno dei tanti ricordi. Per me ha un odore, un sapore, un gusto che riesco a recuperare ancora nello scatolone della memoria. Mi sembra di sentirlo in bocca, di masticarlo quel panino. Forse a volte un po' gommoso, ma quasi sempre la cosa più buona del mondo dopo la partita o l'allenamento. Un genere di cibo per tutti, che mangiavano tutti, che piaceva a tutti. La nostra benzina. Oltre a quella che avevamo dentro, inesauribile: la grinta, la voglia, la passione.

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GRAZIE capitano PINK

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